La Vita del Santo

(Tratto da Don Pietro Vispi, San Giorgio: qualche annotazione di carattere storico per la Famiglia dei Ceraioli di san Giorgio, sulla vita del santo e le sue reliquie insigni.)

 

«Il  santo  martire  Giorgio,  il  ‘tropeoforo’  o  ‘tropheoforo’,  secondo  le  versioni  più  conosciute  della  sua  biografia,  sarebbe  stato  originario della  Cappadocia  -  tesi,  questa,  sostenuta,  ad  esempio,  anche  dal  Balboni - tuttavia, più di qualche autore, come l’ultracitato Finicchiaro, propendono, invece, per una sua origine palestinese e, più precisamente,  per un villaggio o castello nei pressi della città di San Giovanni d’Acri,  un tempo chiamata Tolemaide. Secondo la prima attribuzione geografica, il santo sarebbe nato intorno  al 280, mentre altri, che lo vogliono direttamente palestinese  - stando  ai calcoli della consacrazione della basilica a lui dedicata in Lydda -  attorno agli anni ottanta del terzo secolo ne indicherebbero invece il  martirio. Vi sarebbe, dunque, una discrepanza di circa un ventennio tra  le due versioni che, comunque, concordano per una età molto giovane  di Giorgio al momento del supplizio: tra i 22 e i 25 anni. Il risultato  dell’esame scientifico delle ossa, appartenenti ad un individuo poco più  che ventenne, è stato infatti certificato da precisi studi dell’Università di  Bologna, negli anni 80 del secolo scorso, su alcune reliquie ricollegabili,  per deduzione storica, a quelle di Lydda. Secondo la tradizione, egli sarebbe cresciuto in una famiglia profondamente  religiosa, tanto che anche suo padre, Geronzio, sarebbe stato martirizzato  per la fede cristiana, allorchè Giorgio era ancora fanciullo. dopo ciò, sua  madre Policronia, possedendo alcune terre in Palestina, o si sarebbe  con  lui  trasferita  o  sarebbe  comunque  restata  presso  Tolemaide  o  San Giovanni d’Acri, educando Giorgio, secondo il prezioso retaggio

paterno, ad una vita di intensa testimonianza cristiana. entrato poi in  servizio presso l’esercito romano, essendo di bell’aspetto e coraggioso, pare acquistasse i favori dell’imperatore Diocleziano, che lo aggregò alla  guardia imperiale, con il grado di comites. di  storicamente  certo  del  resto  della  vita  null’altro  si  sa,  tant’è  che  neppure  la  localizzazione  di  Nicomedia  come  luogo  del  martirio  è  verosimile, e diviene molto più attendibile la localizzazione che ne da il  Finicchiaro: nella città di Lydda, ove appunto le sue spoglie riposano. Nicomedia sicuramente è il luogo nel quale Eusebio di Cesarea riporta che  un  tribuno militare  strappò  pubblicamente  l’editto  anticristiano di Galerio, tribuno che solo posteriormente, ed in maniera piuttosto improbabile,viene identificato dalla tradizione con Giorgio. tornando alla data del martirio, che invece è certo, riterremmo molto convincente quanto è possibile desumere dai calcoli del Finicchiaro e dal Ruinart i quali, seguendo il Chronicon alexandrinum seu paschale, vedono come anno della morte il 284-285. Causa della sua immolazione, pertanto, fu la sua convinta confessione di seguace di Cristo: «Quest’idoli non sono dei, sì, lo ripeto, non sono dei: Cristo solo è dio nella gloria del Padre suo». Una confessione di  appartenenza  piena,  esemplare  per  la  giovane  età  e  per  il  ruolo vissuto, ed eroica per l’ambiente frequentato. Volendo rimanere solo a quanto di storicamente certo risulta intorno a san Giorgio, la cui fama plurisecolare di santità (forse il santo maggiormente venerato nell’Orbe) è incontrovertibile,  non  ci  tratterremo  sui  ‘miracoli’  compiuti  in occasione del martirio o durante la vita, ancorchè almeno la leggenda, per altro tarda del ‘drago e della fanciulla’, essendo ormai parte integrante

della iconografia anche ideale - tanto che non possiamo immaginare in maniera diversa il nostro giovane santo - meriti comunque un accenno, se non altro intorno al suo sorgere.

Tale racconto nasce in epoca crociata, con l’erronea interpretazione di una statua equestre dell’imperatore Costantino che si trovava a Bisanzio; statua  conosciuta  e  descritta  da  eusebio:  «salutare  signum  capiti  suo superpositum  imperator  draconem  -  inimicum  generis  humani  -  teli  per  medium ventris confixum sub suis pedibus...depingi voluit». L’associazione del santo militare che sconfigge il drago, simbolo del male - sulla scorta anche del panegirico fatto su san Giorgio da Sant’Andrea di Creta  - con la statua, e quindi con l’iconografia a cavallo, fu un tutt’uno. la fantasia popolare pensò, poi, ad arricchire il racconto di particolari e circostanze,  certamente  improbabili,  ma  altamente  stupefacenti  per il popolo, che ascoltava i racconti dei crociati reduci dalle imprese di terra Santa. Furono soprattutto il poeta Wace verso il 1170 e Jacopo

da Varagine, nella sua Legenda Aurea (cap. lVI), a fissare definitivamente la  sua  figura  come  cavaliere  eroico  che  uccide  il  drago,  che  tanto influenzerà l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la fantasia popolare. Inoltre, sia in latino (draco) che in greco (δράκων) il termine drago si riferiva ai serpenti di grandi dimensioni. è chiaro dunque il significato  simbolico  che  sta  alla  base  del  racconto  del  miracolo:  la sconfitta del diavolo (antico serpente della Genesi) e dei culti idolatrici ad opera di Cristo che attraverso Giorgio salva la vergine, cioè la Chiesa, dalle insidie diaboliche. Rimandiamo  dunque  agli  Acta  riportati  dal  dandolo  per  la  lettura dell’aspetto eroico e gentile delle prime passiones leggendarie intorno a san Giorgio e al suo martirio, che ripetiamo furono rigettate fin da epoca  remota  -  non  nella  sostanza  certa  dell’esistenza  virtuosa  e  del martirio,  ma  per  l’improbabilità  miracolistica  e  di  cronologia  che  le corredano - le quali, tuttavia, come direbbe il poeta “molciscono il core” e ci inteneriscono ancor di più, considerando la devozione, addirittura affettuosa, per la figura del giovane santo. Quanto detto, comunque, senza  dimenticare  che,  lo  ripetiamo,  ben  oltre  l’aspetto  favolistico,

tali  leggende  si  impiantano  in  un  contesto  personologico  e  storico assolutamente provato.

Giorgio, comunque, è una specie di ‘canto del cigno’, infatti, l’epoca  pagana stava volgendo al termine, e il cristianesimo stava per trionfare.  di li a pochi anni Costantino avrebbe emesso l’editto di Milano, che  garantiva la libertà religiosa ai cristiani, non solo, avrebbe eretto per  l’amatissimo Giorgio un tempio in suo onore.

Pertanto la figura di Giorgio, ancorchè se ne conosca così poco, se non  la fama di giovane ed eroico testimone di Cristo, diviene storicamente  certa, sia per i monumenta letterari, sia per quelli archeologici, come la  basilica ed il sepolcro di Lydda, sia per quelli liturgici che risalgono ai  primissimi secoli della chiesa.»